Lorelei ha sempre sostenuto di non voler avere un cane perché non può sopportare quel musino di sottomissione e quel continuo bisogno di approvazione che ha ogni amico canino.
I cani sono animali strani.
Ne ho conosciuti alcuni ma non ne ho mai avuto uno.
Non mi piace il loro odore.
Da adolescente, nei vicoli ciechi della penosa solitudine esistenziale di quegli anni, ho più volte pensato all'idea di un cane come a un amico tardo-romantico. Immaginavo un compagno silenzioso di passeggiate, chiacchierate e poesie da una panchina all'altra, da un prato all'altro.
Oggi mi ritrovo a provare lo stesso romantico affetto per un cane immaginario leggendo quel piccolo gioiello narrativo che è Laika.
La storia del primo essere vivente in orbita su un razzo è molto meno mitica e sdolcinata di quanto pensassi. In effetti è penosa e disturbante. Laika sarebbe morta bruciata viva dopo poche ore dal lancio. Era una missione propagandistica che poco aveva a che vedere con la scienza.
L'autore, Nick Abadzis, un inglese, viene per me fuori dal nulla più assoluto. Ma non è certo colpa sua. Mi arriva come la semplice, ennesima conferma di quanto sia ampio e inesplorato il mondo del fumetto mondiale.
Adesso mi ritrovo a leggere lentamente, a ritornare sulle pagine, per ritardare il finale.
Era da un po', da Lone Wolf and Cub, che non mi succedeva.
Ed è una cosa assolutamente inaspettata.
Bene.
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