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giovedì 9 agosto 2012

7. Conflitto; libertà; relazione


Se ci usiamo l’un l’altro per la nostra mutua gratificazione, resta forse spazio tra noi per un qualsiasi tipo di relazione? Quando usi un’altra persona per il tuo comodo, così come usi uno dei tuoi mobili, hai forse una relazione con questa persona? Hai forse una rapporto con i tuoi mobili? Puoi dire che sono tuoi, e questo è tutto; ma non hai alcuna relazione con essi. Allo stesso modo, quando utilizzi qualcuno per un tuo vantaggio fisico o psicologico, generalmente definisci quella persona come tua, la possiedi; e il possesso è forse una forma di relazione? Lo Stato usa l’individuo, e lo chiama il suo cittadino; ma non ha alcuna relazione con l’individuo, semplicemente lo usa come userebbe un attrezzo. Uno strumento è una cosa morta, e non può esserci alcuna relazione con qualcosa che è morto: quando utilizziamo un uomo per uno scopo, anche se nobile, vogliamo che sia come uno strumento, come una cosa morta. Non possiamo ovviamente usare una cosa viva, così come la nostra esigenza è di cose morte; la nostra società è basata sull’utilizzo di cose morte. L’uso di una persona da parte nostra la rende lo strumento morto della nostra gratificazione. La relazione può esistere solamente tra cose che vivono, e lo sfruttamento è invece un processo di isolamento, che porta al conflitto e all’antagonismo tra uomo e uomo.

Jiddu Krishnamurti, Il silenzio della mente, ed. Mondadori

lunedì 30 luglio 2012

6. Noia


Il possesso estenua la mente. L’acquisizione conduce alla mancanza di sensibilità in qualsiasi ambito si esplichi: nella conoscenza, nella proprietà, nella virtù. La natura della mente è acquisire, assorbire, non è così? O piuttosto, il modello che la mente si è creata per se stessa è quello di accumulare; e in questa stessa attività la mente predispone la propria estenuazione, la propria noia: poiché l’interesse e la curiosità sono l’inizio dell’acquisizione, che presto però si trasforma in noia; e l’urgenza di essere liberi dalla noia non è altro che l’ennesima forma di possesso. Così la mente vaga dalla noia all’interesse e ancora alla noia, fino a che è completamente esausta; e queste continue e altalenanti ondate di interesse ed esaurimento sono ciò che noi riconosciamo come esistenza.
“Ma come si può allora essere liberi dall’acquisizione senza impegnarci in ulteriori acquisizioni?”
Solamente cercando di sperimentare e verificare la verità dell’intero processo di acquisizione, e non certo cercando di non essere acquisitivi, distaccati. Essere non acquisitivi è un’altra forma di acquisizione che presto si trasformerebbe in estenuazione. La difficoltà, se possiamo usare questa parola, non sta nella comprensione verbale di ciò che è stato detto, ma di sperimentare il falso come falso: vedere la verità nella falsità è l’inizio della saggezza. 

Jiddu Krishnamurti, Il silenzio della mente, ed. Mondadori 

mercoledì 25 luglio 2012

5. Progresso e rivoluzione


La rivoluzione fondamentale si avrà solo se si arriva alla comprensione del processo globale dell’azione: non a un qualsiasi livello, economico o ideologico, ma considerando l’azione come un tutto integrato. Solamente in questi termini l’azione non sarà reazione. Tu conosci invece la reazione: la reazione dell’antitesi, e l’ulteriore reazione che chiami sintesi; mentre l’integrazione non è una sintesi intellettuale, una conclusione verbale basata su uno studio storico. L’integrazione può realizzarsi e divenire solo attraverso la comprensione della reazione. La mente è una serie di reazioni; e la rivoluzione basate sulle reazioni, sulle idee, non è per niente una rivoluzione, ma solamente una continuità modificata di ciò che è già stato. Puoi anche chiamarla rivoluzione, ma di fatto non lo è. […]
La rivoluzione basata su un’idea, per quanto logica e in accordo con l’evidenza storica, non può portare all’eguaglianza, poiché come abbiamo detto, la funzione stessa dell’idea è quella di separare le persone. Un qualsivoglia credo, religioso o politico, pone gli uomini contro gli uomini. Non a caso, le cosidette religioni hanno diviso le persone, e continuano a farlo: il credo organizzato, chiamato religione, è, come una qualsiasi altra ideologia, un’istanza della mente e quindi separativa in quanto tale. […]
È l’amore, l’unico fattore che può portare a una rivoluzione fondamentale; l’amore è l’unica autentica rivoluzione; ma l’amore non è un’idea: è quando il pensiero non è. L’amore non è uno strumento di propaganda; non è qualcosa che si studia e si urla dai tetti delle case. Solo quando la bandiera, il credo, il leader, l’idea come azione pianificata scompariranno, allora potrà esserci amore; ed è l’unica rivoluzione costante e creativa. 

Jiddu Krishnamurti, Il silenzio della mente, ed. Mondadori

domenica 15 luglio 2012

4. Il processo dell’odio



L’amore è la fiamma senza il fumo del pensiero, della gelosia, dell’antagonismo, della convenienza, creazioni che appartengono alla mente. Finché il cuore sarà appesantito con le creazioni della mente, ci sarà spazio per l’odio; poiché la mente è la sede dell’odio, dell’antagonismo, dell’opposizione, del conflitto. Il pensiero è una reazione, e la reazione è sempre, in un modo o nell’altro, origine di conflitto. Il pensiero è opposizione, odio; il pensiero è sempre in competizione, sempre persegue un fine, un obiettivo; la sua soddisfazione è il piacere e la sua frustrazione è l’odio. Il conflitto è il pensiero contesto tra gli opposti; e la sintesi degli opposti è ancora odio, antagonismo. […]
Più forte è l’ideale, più profonda è la repressione, più profondi il conflitto e l’antagonismo. […]
Esiste una sorta di orgoglio nella conoscenza, e non è altro che un’ennesima forma di antagonismo. Passiamo da un surrogato a un altro, ma essenzialmente tutte le sostituzioni si equivalgono, anche se da un punto di vista puramente verbale possono apparire molto diverse. […]
Ciò che devi fare è provare a essere passivamente consapevole dell’intero processo del pensiero,  e anche del desiderio di essere finalmente affrancata. 

Jiddu Krishnamurti, Il silenzio della mente, ed. Mondadori

venerdì 13 luglio 2012

3. Paura della solitudine interiore


Quanto è necessario morire ogni giorno, ogni minuto! Morire a tutto, ai molti ieri e al momento appena trascorso. Senza la morte non può esserci rinnovamento, senza la morte non può esserci creazione. Il peso del passato fa nascere la sua stessa continuità, e la preoccupazione di ieri dà nuova vita alla preoccupazione di oggi. Lo ieri si perpetua nell’oggi, e il domani è ancora ieri: non esiste alcun sollievo da questa continuità se non nella morte. C’è gioia nel morire. Questa nuova mattina, fresca e chiara, è libera dalla luce e dall’oscurità di ieri; il canto di quell’uccello lo sentiamo per la prima volta,  e il vocio di quei bimbi non è lo stesso di ieri. Portiamo con noi la memoria di ieri, e questa oscura le nostre esistenze. Fino a che la nostra mente resterà un meccanismo meccanico della memoria, non conoscerà tregua, quiete, riposo, silenzio; continuerà a logorarsi. Ciò che è immobile può ancora rinascere, ma ciò che è in costante movimento si consuma, si logora e diventa inutile. La fonte perenne si va esaurendo e la morte è vicina come la vita.

Jiddu Krishnamurti, Il silenzio della mente, ed. Mondadori

2. Condizionamento


L’attaccamento al tuo lavoro è la tua via di fuga. Esistono vie di fuga a ogni livello della nostra esistenza. Tu fuggi da te stesso attraverso il tuo lavoro, altri dedicandosi al bere, altri ancora per mezzo di cerimonie religiose; e c’è chi fugge con la conoscenza, con la ricerca di Dio, e che è dipendente e drogato dal divertimento. Dio e l’alcol sono sullo stesso piano nel momento in cui rappresentano una fuga da ciò che noi veramente siamo: solo quando riusciamo a essere finalmente consapevoli delle nostre fughe potremo riconoscere il nostro condizionamento.  

Jiddu Krishnamurti, Il silenzio della mente, ed. Mondadori

1. Felicità creativa


Prima di essere contaminati dalla cosiddetta educazione, molti bambini sono in contatto con l’inconoscibile: e lo dimostrano in tantissimi modi. Ma presto l’ambiente incomincia a rinchiudersi su di loro, e crescendo sono destinati a perdere quella voce, quella bellezza che non si trova in nessun libro e non si impara in nessuna scuola. Perché? Non diciamo che la vita è troppo per loro, che devono affrontare la dura realtà dell’esistenza, che è il loro karma, che è il peccato originale: tali affermazioni sono senza senso. La felicità creativa è per tutti e non solo per pochi: tu puoi esprimerla in un modo e io in un altro, ma continua a essere per tutti. la felicità creativa non ha un valore di mercato; non è un bene che può essere venduto al miglior offerente, ma è la sola cosa che può essere di tutti, per tutti.  

Jiddu Krishnamurti, Il silenzio della mente, ed. Mondadori
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