Per riuscire a sostenere il nostro lavoro di compassione, abbiamo tutti bisogno di una comunità spirituale che ci supporti e ci protegga - una vera comunità, dove esiste vera fratellanza e sorellanza, compassione e comprensione. Non dovremmo fare questo lavoro come cavalieri solitari, come guerrieri isolati. Le radici della schiavitù moderna hanno radici profonde, e le cause e le condizioni, le reti e le strutture che la supportano sono complesse. Per questa ragione dobbiamo costruire una comunità che può proseguire il lavoro di protezione della vita umana non solo fino al 2020, ma più a lungo nel futuro
"In order to sustain our work of compassion, we all need a spiritual community to support us and protect us – a real community, where there is true brotherhood and sisterhood, compassion and understanding. We should not do this work as cavaliers seuls, as lone warriors. The roots of modern slavery run deep, and the causes and conditions, the networks and structures supporting it are complex. That is why we need to build a community that can continue this work to protect human life not just until 2020, but long into the future."
Thich Nhat Hanh
Il testo completo in inglese: http://plumvillage.org/news/thich-nhat-hanhs-speech-at-the-vatican-december-2-2014/
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mercoledì 3 dicembre 2014
venerdì 3 ottobre 2014
mercoledì 10 settembre 2014
Il momento passa
Praticando il non-attaccamento e condividendo questa saggezza con gli altri, diffondiamo il dono della non-paura. Ogni cosa è impermanente. Il momento passa. L'oggetto del nostro desiderio si allontana, ma noi sappiamo che la felicità è sempre possibile.
Thich Nhat Hanh, Paura
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giovedì 7 agosto 2014
lunedì 4 agosto 2014
mercoledì 20 novembre 2013
Come puoi scacciare l'oscurità?
Solo l'amore scaccia l'odio, solo la luce disperde l'oscurità. Come mai? Perché di per sé, l'oscurità è solo uno stato negativo, in sé non ha alcuna positività. Di fatto, non esiste! Come potresti scacciarla? Contro l'oscurità non puoi fare nulla direttamente. Se vuoi fare qualcosa nei suoi confronti, dovrai operare attraverso la luce: introduci la luce e l'oscurità è svanita, togli la luce e appare l'oscurità; ma non puoi portare o togliere l'oscurità direttamente: nei suoi confronti non puoi fare nulla di nulla.
Osho, da La mente che mente (ed. Feltrinelli)
Osho, da La mente che mente (ed. Feltrinelli)
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giovedì 14 novembre 2013
Le sei concordie
Dopo avere visto come i monaci Anuruddha, Kimbila e Nandiya convivevano in armonia, il Buddha pronunciò le Sei Concordie, i principi per essere felici insieme agli altri:
"Bhikkhu, la natura di una comunità è l’armonia, che si ottiene seguendo questi principi: condividere uno spazio comune, sia una casa o una foresta; condividere i doveri essenziali della giornata; osservare i precetti insieme; pronunciare parole che creino armonia, astenendosi da quelle che portano divisioni nella comunità; comunicarsi esperienze e comprensioni; rispettare l’opinione altrui e non costringere l’altro ad aderire alla nostra. Seguendo questi principi un sangha vivrà in felicità ed armonia. Bhikkhu, osserviamoli sempre.
In un recente numero della "Mindfulness Bell", notiziario internazionale dell’Ordine dell’Interessere, Thay ha brevemente illustrato i sei principi per l’armonia, o Concordie, insegnati dal Buddha. Ecco il suo commento.
"La prima è la Concordia dell’azione che coinvolge tutto il corpo. Un sangha vive insieme come una famiglia. Le nostre azioni coinvolgono tutte le persone con cui viviamo. Bisogna perciò che favoriscano la concordia.
"La seconda è la Concordia della condivisione dei benefici. Condividiamo il cibo, gli alloggi el’opportunità di praticare la meditazione seduta e camminata. Insieme ascoltiamo il Dharma. Condividiamo ogni tipo di beneficio con tutti. Se una persona può andare a un ritiro di tre giorni, gli altri nel sangha dovrebbero avere la stessa opportunità in un’altra occasione. Ci sosteniamo l’uno con l’altro in ogni attività.
"La terza è la Concordia dell’osservare gli stessi Impegni di consapevolezza. Le nostre aspirazioni sono uguali e conveniamo che la pratica degli stessi Impegni di consapevolezza è il miglior modo per realizzarle.
"La quarta è la Concordia della parola. Occorre che anche le nostre parole ispirino concordia. Abbiamo bisogno di fondare il nostro modo di parlare su alcuni principi: sapere come reagire quando udiamo qualcosa che non ci piace; sapere come prestare attenzione a quello che l’altra persona sta dicendo, in modo da essere capaci di meditare sulle sue parole prima di rispondere; sapere come incoraggiare e nutrire la fiducia nelle persone con le quali parliamo.
"La quinta è la Concordia delle opinioni. Proveniamo da ambiti diversi. Forse non condividiamo la stessa maniera di vedere degli altri componenti della comunità. ma non diamo per scontato che la nostra sia giusta e l’altrui sia sbagliata. Non discutiamo sulle opinioni divergenti. Quando abbiamo un’idea la condividiamo con il sangha e la modifichiamo dopo avere ascoltato gli altri. La condivisione di Dharma è un’opportunità per ascoltare con attenzione i diversi punti di vista, così da avere una comprensione sempre più profonda. Le nostre idee sono soltanto una piccola parte del quadro. Quando gli altri parlano ascoltiamo con attenzione per trovare la saggezza nelle loro parole. Se non sappiamo ascoltare non possiamo imparare. Abbiamo bisogno di aiutare gli altri a sapere che sono accettati e apprezzati.
"La sesta è la Concordia delle attività della mente. Abbiamo modi di pensare e sensibilità diversi. Non dovremmo isolarci nei nostri pensieri. Dobbiamo comunicare. Quando vediamo qualcuno chiuso nei suoi pensieri, nella tristezza e nella sofferenza, possiamo dirgli: un soldino per i tuoi pensieri, un soldino per le tue sensazioni. Quando l’altra persona è in grado di condividere la sua sensazione, non è più isolata. Quando confidiamo quello che sta accadendo nella nostra mente, diamo sollievo al nostro isolamento. Se chiedete a qualcuno cosa prova e lei o lui risponde "sono infelice", potete praticare insieme la meditazione camminata e questo, da solo, basterà a portare un po’ di gioia".
da qui.
"Bhikkhu, la natura di una comunità è l’armonia, che si ottiene seguendo questi principi: condividere uno spazio comune, sia una casa o una foresta; condividere i doveri essenziali della giornata; osservare i precetti insieme; pronunciare parole che creino armonia, astenendosi da quelle che portano divisioni nella comunità; comunicarsi esperienze e comprensioni; rispettare l’opinione altrui e non costringere l’altro ad aderire alla nostra. Seguendo questi principi un sangha vivrà in felicità ed armonia. Bhikkhu, osserviamoli sempre.
In un recente numero della "Mindfulness Bell", notiziario internazionale dell’Ordine dell’Interessere, Thay ha brevemente illustrato i sei principi per l’armonia, o Concordie, insegnati dal Buddha. Ecco il suo commento.
"La prima è la Concordia dell’azione che coinvolge tutto il corpo. Un sangha vive insieme come una famiglia. Le nostre azioni coinvolgono tutte le persone con cui viviamo. Bisogna perciò che favoriscano la concordia.
"La seconda è la Concordia della condivisione dei benefici. Condividiamo il cibo, gli alloggi el’opportunità di praticare la meditazione seduta e camminata. Insieme ascoltiamo il Dharma. Condividiamo ogni tipo di beneficio con tutti. Se una persona può andare a un ritiro di tre giorni, gli altri nel sangha dovrebbero avere la stessa opportunità in un’altra occasione. Ci sosteniamo l’uno con l’altro in ogni attività.
"La terza è la Concordia dell’osservare gli stessi Impegni di consapevolezza. Le nostre aspirazioni sono uguali e conveniamo che la pratica degli stessi Impegni di consapevolezza è il miglior modo per realizzarle.
"La quarta è la Concordia della parola. Occorre che anche le nostre parole ispirino concordia. Abbiamo bisogno di fondare il nostro modo di parlare su alcuni principi: sapere come reagire quando udiamo qualcosa che non ci piace; sapere come prestare attenzione a quello che l’altra persona sta dicendo, in modo da essere capaci di meditare sulle sue parole prima di rispondere; sapere come incoraggiare e nutrire la fiducia nelle persone con le quali parliamo.
"La quinta è la Concordia delle opinioni. Proveniamo da ambiti diversi. Forse non condividiamo la stessa maniera di vedere degli altri componenti della comunità. ma non diamo per scontato che la nostra sia giusta e l’altrui sia sbagliata. Non discutiamo sulle opinioni divergenti. Quando abbiamo un’idea la condividiamo con il sangha e la modifichiamo dopo avere ascoltato gli altri. La condivisione di Dharma è un’opportunità per ascoltare con attenzione i diversi punti di vista, così da avere una comprensione sempre più profonda. Le nostre idee sono soltanto una piccola parte del quadro. Quando gli altri parlano ascoltiamo con attenzione per trovare la saggezza nelle loro parole. Se non sappiamo ascoltare non possiamo imparare. Abbiamo bisogno di aiutare gli altri a sapere che sono accettati e apprezzati.
"La sesta è la Concordia delle attività della mente. Abbiamo modi di pensare e sensibilità diversi. Non dovremmo isolarci nei nostri pensieri. Dobbiamo comunicare. Quando vediamo qualcuno chiuso nei suoi pensieri, nella tristezza e nella sofferenza, possiamo dirgli: un soldino per i tuoi pensieri, un soldino per le tue sensazioni. Quando l’altra persona è in grado di condividere la sua sensazione, non è più isolata. Quando confidiamo quello che sta accadendo nella nostra mente, diamo sollievo al nostro isolamento. Se chiedete a qualcuno cosa prova e lei o lui risponde "sono infelice", potete praticare insieme la meditazione camminata e questo, da solo, basterà a portare un po’ di gioia".
da qui.
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Metta Sutta
(Sutta Nipata I.8)
Questo dovrebbe fare
chi pratica il bene
e conosce il sentiero della pace:
essere abile e retto,
chiaro nel parlare,
gentile e non vanitoso,
contento e facilmente appagato;
non oppresso da impegni e di modi frugali,
calmo e discreto,
non altero o esigente;
incapace di fare
ciò che il saggio poi disapprova.
Che tutti gli esseri
vivano felici e sicuri:
tutti, chiunque essi siano,
deboli e forti,
grandi o possenti,
alti, medi o bassi,
visibili e non visibili,
vicini e lontani,
nati e non nati.
Che tutti gli esseri vivano felici!
Che nessuno inganni l’altro
né lo disprezzi
né con odio o ira
desideri il suo male.
Come una madre
protegge con la sua vita
suo figlio, il suo unico figlio
così, con cuore aperto,
si abbia cura di ogni essere,
irradiando amore
sull'universo intero;
in alto verso il cielo
in basso verso gli abissi,
in ogni luogo, senza limitazioni,
liberi da odio e rancore.
Fermi o camminando,
seduti o distesi,
esenti da torpore,
sostenendo la pratica di Metta;
questa è la sublime dimora.
Il puro di cuore,
non legato ad opinioni,
dotato di chiara visione,
liberato da brame sensuali,
non tornerà a nascere in questo mondo.
Questo dovrebbe fare
chi pratica il bene
e conosce il sentiero della pace:
essere abile e retto,
chiaro nel parlare,
gentile e non vanitoso,
contento e facilmente appagato;
non oppresso da impegni e di modi frugali,
calmo e discreto,
non altero o esigente;
incapace di fare
ciò che il saggio poi disapprova.
Che tutti gli esseri
vivano felici e sicuri:
tutti, chiunque essi siano,
deboli e forti,
grandi o possenti,
alti, medi o bassi,
visibili e non visibili,
vicini e lontani,
nati e non nati.
Che tutti gli esseri vivano felici!
Che nessuno inganni l’altro
né lo disprezzi
né con odio o ira
desideri il suo male.
Come una madre
protegge con la sua vita
suo figlio, il suo unico figlio
così, con cuore aperto,
si abbia cura di ogni essere,
irradiando amore
sull'universo intero;
in alto verso il cielo
in basso verso gli abissi,
in ogni luogo, senza limitazioni,
liberi da odio e rancore.
Fermi o camminando,
seduti o distesi,
esenti da torpore,
sostenendo la pratica di Metta;
questa è la sublime dimora.
Il puro di cuore,
non legato ad opinioni,
dotato di chiara visione,
liberato da brame sensuali,
non tornerà a nascere in questo mondo.
mercoledì 31 luglio 2013
Prendere rifugio in se stessi
[...]
Tra non molto anche io lascerò questa vita. Perciò vi esorto a praticare l'essere un'isola per voi stessi, sapendo prendere rifugio in voi stessi anziché prendere rifugio in altre persone o cose.
Praticate la presa di rifugio nell'isola del Dharma. Sappiate prendere rifugio nel Dharma; non prendete rifugio in nessun'altra isola o persona. Meditate sul corpo nel corpo, alimentando la Retta Comprensione e la presenza mentale al fine di dominare e trasformare gli attaccamenti e le ansie. Osservate gli elementi esterni al corpo negli elementi esterni al corpo, alimentando la Retta Comprensione e la presenza mentale, al fine di dominare e trasformare gli attaccamenti e le preoccupazioni. È questa la via per ritornare all'isola del sé: volgersi a se stessi per prendere rifugio nel Dharma e in nessun'altra isola o cosa.
Da Discorso sul prendere rifugio in se stessi, contenuto ne Il canto del cuore, Thich Nhat Hanh
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mercoledì 4 luglio 2012
Lo specchio del dharma
Esiste davvero un modo intelligente di usare le parole del dharma, che non sia riempire un vuoto, scappare, autoconsolarsi, inseguire qualcosa?
Si possono sviluppare le diverse tecniche di meditazione con autentiche finalità non narcisistiche o egocentriche?
Si può sparire nel dharma, con la chiarezza di un'onda che arriva a riva?
Senza secondi fini o obiettivi diversi dalla partecipazione alla vita?
Oppure siamo destinati a incantarci di fronte all'illusione dello specchio del dharma?
domenica 15 gennaio 2012
Il re delle montagne
"I bodhisattva mahasattva dovrebbero generare la mente in tal modo senza dimorare, dovrebbero generare la mente che non dimora in nessuna cosa. Essi dovrebbero generare la mente che non dimora nella forma, dovrebbero generare la mente che non dimora nel suono, nell’odore, nel sapore, nella tangibilità o nel fenomeno. Subhuti, è in questo modo: se, per esempio, il corpo di un essere diventasse così, diventasse in questo modo, grande come il Sumeru, il re delle montagne, Subhuti, qual è il tuo pensiero: quel corpo sarebbe grande?"
Il diamante che redice l’illusione
Il diamante che redice l’illusione
venerdì 23 settembre 2011
Nella corrente
"... non si entra in alcuna cosa e perciò è denominato ‘colui che è entrato nella corrente’. Egli non è entrato nella forma, non è entrato nel suono, né nell’odore, né nel sapore, né nella tangibilità e non è nemmeno entrato in un fenomeno, perciò è detto ‘colui che è entrato nella corrente’. Bhagavan, se colui che è entrato nella corrente pensasse ‘ho ottenuto il risultato di colui che è entrato nella corrente’, ciò stesso sarebbe un afferrarsi a quello come a un sé, afferrarsi come a un essere senziente, afferrarsi come a un essere vivente, afferrarsi come a una persona”.
da Il sutra del diamante.
da Il sutra del diamante.
Senza dimorare
Subhuti, se qualcuno mantiene la nozione di essere senziente o mantiene la nozione di essere vivente o mantiene la nozione di persona, non può essere chiamato ‘bodhisattva’.
“Inoltre, Subhuti, un bodhisattva offre un dono senza dimorare in qualcosa: offre un dono senza dimorare in nessun fenomeno. Il dono deve essere donato senza dimorare nella forma visiva, né deve essere donato dimorando nel suono, nell’odore, nel sapore, nella tangibilità o nel fenomeno. Subhuti, senza dimorare nella nozione di qualcosa come segno: così il bodhisattva offre un dono.
da Il Sutra del Diamante
“Inoltre, Subhuti, un bodhisattva offre un dono senza dimorare in qualcosa: offre un dono senza dimorare in nessun fenomeno. Il dono deve essere donato senza dimorare nella forma visiva, né deve essere donato dimorando nel suono, nell’odore, nel sapore, nella tangibilità o nel fenomeno. Subhuti, senza dimorare nella nozione di qualcosa come segno: così il bodhisattva offre un dono.
da Il Sutra del Diamante
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Guglielmo Nigro, salvo dove diversamente indicato.
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