Joan Mirò, Paesaggio catalano con chitarra
giovedì 27 novembre 2008
A terra
i rumori da dietro le porte.
Secondo piano, il solito puzzle
di un quadro impressionista.
Terzo piano, sembrano litigare.
Si tratta di una partita di calcio.
Quarto piano, odore di soffritto.
Per qualcuno, odore di casa.
Nel mezzopiano, una pianta
sempre più grande nel passaggio.
Non posso non pensare
alle misure antincendio.
In casa, il doccino non si può attaccare.
Devi tenerlo in mano, mi dice.
Le credenze. I limiti. Ci provo lo stesso.
Trovo il modo di appenderlo,
e mi godo una doccia a mani libere.
Medito per venti minuti, ma mi viene sonno.
Dormire quando si ha sonno.
Stamattina medito per un'ora.
L'energia in movimento.
Scivolo a terra, mi allungo.
Mi perdo a terra.
Mi perdo a terra.
Mi perdo a terra.
martedì 25 novembre 2008
Musica Nuda
L'idea è semplice.
Brani famosi, un contrabbasso, una voce splendida e un po' di ironia.
Ecco qui: Musica Nuda. Petra Magoni e Ferruccio Spinetti.
Si dice che in Francia siano più conosciuti che in Italia.
Per dare un'idea:
Splendito Splendente (Gabo: perchè urla? chiede ridendo con gli occhi)
Il Cammello e il Dromedario (il Berlusconismo perdente)
Ci sono diversi dischi. Cercateli.
lunedì 24 novembre 2008
Neve
mi stringo nelle spalle.
(espressione da libro giallo che per anni non riuscivo a capire)
Mi sveglio al mattino con la neve.
Non ho foto ma memoria.
La neve, il suo candore, il suo silenzio.
Stretto nelle spalle,
ho tolto la neve dall'auto
e mi sono messo in moto.
C'è una strana, forte energia.
Provo a lasciarla circolare.
domenica 23 novembre 2008
Il fiore d'oro
Da I libri del fiore d'oro di Osho (Bompiani):
C’era una volta un mago molto ricco che aveva un gregge molto numeroso. Ma allo stesso tempo, questo mago era molto avaro: non voleva assumere dei pastori, non voleva costruire un recinto intorno ai prati in cui pascolavano le pecore. Di conseguenza, le pecore girovagavano spesso nella foresta e cadevano nei burroni, ma soprattutto fuggivano quando capivano che il mago voleva la loro carne e la loro pelle, cosa che a loro non piaceva affatto.
Alla fine il mago trovò la soluzione. Ipnotizzò le sue pecore e, come prima cosa, suggerì loro il pensiero che erano immortali, pertanto non avrebbero subito alcun danno quando venivano squartate, al contrario sarebbe stato un bene per loro e persino un piacere.
In secondo luogo, suggerì loro il pensiero che il mago era un padrone buono che amava il suo gregge al punto da essere pronto a fare qualsiasi cosa al mondo per le sue pecore.
In terzo luogo, suggerì loro il pensiero che, se qualcosa avesse mai dovuto accadere a loro, non sarebbe accaduto proprio in quel momento, né proprio in quel giorno e quindi non dovevano affatto pensarci.
Inoltre, il mago suggerì alle sue pecore il pensiero che non erano affatto pecore: ad alcune disse che erano leoni, ad altre disse che erano aquile, ad altre ancora disse che erano uomini e alle rimanenti disse che erano maghi.
Dopo di che, cessarono tutti i suoi pensieri e tutte le sue preoccupazioni per le pecore: non fuggivano più, ma aspettavano quietamente che il mago richiedesse la loro carne e la loro pelle. […]
La prima cosa che dovete comprendere è: ricordatevi che siete stati ipnotizzati e che dovete attraversare un processo di deipnotizzazione. Ricordatevi che siete stati condizionati e dovete essere decondizionati. Ricordatevi che dovete morire. Non pensate che non morirete proprio oggi: può accadere in qualsiasi momento.
Di fatto, ciò che accade, accade sempre nel presente.
venerdì 21 novembre 2008
Equilibrio
giovedì 20 novembre 2008
Ballata dei fiori
Fiori fiori e passi di danza
Guardi il mio viso
Mi vedi ti vedo che muovi
I tuoi seni leggeri
Mi perdo negli occhi
Tuoi scuri
L’abisso di luce riflessa
Che balla
Con te nella stanza
La luce è la stessa.
Parlo mi parli dei giorni
Passati a raccoglier
Dai rami i limoni
Di mare son fatti quei giorni
Di mare che amante
Tra le sue onde ti stringe
E sola ti lascia
Distesa pesante
Alla sabbia ridata
Rinata.
Vicini lontani
Diversi nei gesti
Mostrati e celati
Dal suono il mio corpo
Riconosce la voce
Dal suono il tuo corpo
Riscopre l’unione
Di quel che nel tempo
Il tempo ha diviso
Ci siamo incontrati
Più volte degli altri
Negli altri cercati
E guardo i tuoi piedi
Dall’alto che in basso
Si muovono a tema
Di nuovo decisi
A non perdere il ritmo
Del tempo che abbiamo
Nel tempo che c’è.
Di nuovo decisi
A non perdere il ritmo
Del tempo che abbiamo
Nel tempo che c’è.
Novembre, 17.30
Ghost Stories
Questa volta volevo segnalarti il lavoro di un autore statunitense davvero bello.
Si tratta di Essex County di Jeff Lemire.
Sono tre racconti collegati. Il secondo, dal titolo Ghost Stories ha a che fare con i ricordi e la perdita della memoria in età anziana.
Il protagonista, prossimo a scomparire nella sua vecchiaia solitaria, ripercorre la sua vita, riscoprendo la desolazione di episodi di vita che, a posteriori, delineano una parabola chiara e inevitabile.
Viene da chiedersi se sia così semplice definire una teoria su se stessi, sulle scelte che portano, per tutti, alla solitudine della morte. Nel tempo è possibile che una vita si sintetizzi in singoli nodi cruciali, caratteristici, emblematici?
Lemire usa un tratto spesso, estremamente poetico e sintetico. Spazi ampi, pennellate scure su scenari dominati dal bianco. I movimenti interiori sono evocati chiaramente dagli atteggiamenti delle persone e dalla scelta di quali episodi di vita raccontare, dalle inquadrature, dal tratto stesso, molte volte tremolante e idiosincratico.
C’è una malinconia struggente, mai sopra le righe, perfettamente controllata. Che sa aprirsi alla gentilezza della vita nei piccoli gesti e nelle piccole gocce di speranza e di sensibilità che arrivano a volte inaspettate.
Lemire ha talento, ha una sua spiccata visione del mondo e della poetica a fumetti. Mostra ancora ampi spazi di crescita e lo attendo di fronte a racconti che toccano altre corde, altre tematiche.
Ma l’intera trilogia di Essex County, pubblicata negli Stati Uniti da Top Shelf e facilmente reperibile, è una lettura importante e che ti consiglio di cuore.
Harry.
mercoledì 19 novembre 2008
Ufficioso
che lavora all'aggiornamento
di un sito internet aziendale
non sappia cosa sia
un link?
Il problema non è suo
ma di chi non glielo ha spiegato.
Quante cose faccio
di cui non conosco l'origine
o le implicazioni?
Ufficiali
come ufficiali.
Preparati alla contrapposizione
perdendo di vista l'obiettivo
produttivo.
Ricordarsi che troppo tempo
è utilizzato in un ambiente,
con persone
che non sono scelte consapevolmente.
Ricordarsi che il senso di oppressione
chiama lo sfogo e il conflitto.
Ricordarsi che il senso di oppressione
è simile alla partecipazione
al tempo atmosferico.
Non si può dominare
ma accettare.
Ricordarsi che la pace
è la capacità di accogliere
il confronto con l'altro
e di spegnere
il conflitto con l'altro.
Ricordarsi che non si può
pretendere
che le altre persone
condividano questa posizione.
martedì 18 novembre 2008
Nessun minuto
Nessuno ci perdonerebbe mai.
Le parole sono sempre le stesse.
Quando pensi ti perdo
è già successo.
Quando dici ti amo
è già successo.
Esserti presente nella mente
come un'ape al fiore.
Ci sono giorni in cui l'acqua scorre
feroce dal cielo nero.
Quel momento è il più prezioso
perché rivela quel che non si può tacere.
Che tutto scorre feroce
e lascia solo tracce nella mente.
Stasera, che sera
Circolarità
Da qui a là da là a qua.
Chiunque fosse interessato, può approfondire nell'altro blog o contattarmi.
Fine delle comunicazioni di servizio.
lunedì 17 novembre 2008
Lucille
Nuova mail di approfondimento da Harry Naybors che pubblico con il suo consenso. Sono contento nel constatare quanto sia attivo Harry in questo mese.
Sono piene le fosse e prima gli ospedali. E prima ancora e più spesso le case/galere autoinflitte da chi di anoressia soffre.
Raccontare di questa malattia è difficile. C’è un’intimità e una profondità che è quasi impossibile esplicitare. Si rischia la superficialità oppure la pedanteria.
Ecco quindi che il primo volume di Lucille, dell’autore francese Ludovic Debeurme, spicca come un’opera a fumetti straordinaria perchè perfettamente equilibrata.
Debeurme sceglie di affrontare il tema dell’anoressia in modo diretto e forte nei primi capitoli del racconto, dove la malattia e l’ossessione sono al centro della chiusura esistenziale della protagonista e del rapporto interrotto con sua madre. Quando all’introspezione e alla chiusura succede l’apertura alla possibilità di una nuova vita e di un amore profano; quando l’azione e gli eventi prendono il sopravvento guidati da un fato beffardo e da coscienze immature e schiave del carattere non domato, la malattia passa in secondo piano. Nessuna guarigione miracolosa, nessun appesantimento narrativo. L’anoressia si muove in sottofondo, come un filo rosso che percorre ogni gesto e ogni evento che coinvolge Lucille. Ed è qui che la sensibilità di Debeurme emerge con straordinaria lucidità. Perché anche di fronte a possibili percorsi di cura e di cambiamento, l’approccio “anoressico” all’esistenza permane, condiziona e non smette di manifestarsi.
Il cibo è il rapporto con la vita, con il desiderio di crescere, di svilupparsi. Ogni interruzione, ogni perversione trova molto raramente una risoluzione positiva e definitiva. Se non dopo un lungo e faticoso lavoro su di sé.
Per queste ragioni Lucille è un’opera sentita e capace di incantare. Ma non solo.
La sensibilità dell’autore va di pari passo con la sua capacità di sintesi e rappresentativa, con un’impostazione della tavola originale e fluida, con un disegno sottile, misurato ma fortemente emotivo.
Lucille è una storia a fumetti imperdibile.
Harry
Punti di vista
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sabato 15 novembre 2008
Citazione Gabo #4
prende in mano la calcolatrice e dice:
"Pronto, polizia!
Pompieri!
Ciao pompieri, p-o-m-p-i-e-r-i!
P-o-l-i-z-i-a! Ciao!!"
Tutto ben scandito.
Ora inizia la fase distruttiva.
Posto nel blog e gli corro dietro.
Citazione Gabo #3
"Ho fatto il mare, guarda!
Hai visto come è grosso?!"
mmh...
Poi scarabocchia sul foglio e dice:
"Guarda, ho disegnato Monsters!"
e penso, si, si sarà il solito cerchietto.
Ecco il disegno:
Nota:
Si, vi sto predendendo in giro.
Il disegno è un bozzetto preparatorio per il film d'animazione.
Sul foglio i soliti cerchietti...
Ma sarebbe stato divertente!
Ed è bello giocare con le aspettative.
venerdì 14 novembre 2008
Demo
Obama ha vinto.
Un presidente negro.
Quanto se ne è parlato?!
Ecco che improvvisamente la demo-crazia meno rappresentativa del mondo
torna ad essere la più rappresentativa.
Perché?!
Perché in una nazione dove fino a 50 anni fa o meno se eri un negro
eri segregato e il tuo comportamento regolato da leggi speciali,
la vittoria di un negro non può che essere un ottimo esempio di
demo-crazia.
Giusto?
Sbagliato.
La prima persona che Obama ha ringraziato dopo la vittoria
è stato il suo marketing manager.
Ecco qui. Soldi, un buon prodotto, un buon management.
E una buona dose di disperazione economico-sociale nei cittadini.
Il miracolo è nascosto nel potere della campagna mediatica
che lo staff di Obama ha saputo mettere in piedi.
Non in un canto di demo-crazia.
Se vince un democratico è meglio, certo.
Ma non assecondiamo false illusioni.
Non lasciamo che una speranza individuale e intima
ci fotta il cervello.
Regola generale
Dal primo dei due libretti, trovo una piccola gemma per chi, come me, scrive articoli giornalistici e di critica. Riporto il breve brano.
[111]
Modernità
Jazz è ormai un termine/contenitore molto ampio, che racchiude ogni sorta di deriva musicale. Molto più del termine rock, per esempio.
Ebbene, Douglas, con la sua tromba strutturata e concreta sa muoversi tra funk, astrazione, swing e molto altro. Se è vero che Miles Davis ha lasciato infiniti semi sparsi per la terra musicale degli ultimi venti anni (dopo la sua scomparsa), ebbene, Dave Douglas ne ha saputo coltivare e far crescere una buona, fruttifera parte.
Lo consiglio a chiunque abbia voglia di farsi un'idea di cosa possa essere oggi il jazz, di quali potenzialità e possibilità offra a chi ascolta e a chi suona.
Musica difficile?
No. Perchè arriva direttamente dove deve arrivare. Basta avere una predisposzione aperta all'evento sonoro.
giovedì 13 novembre 2008
Volto Nascosto
Ricevo da Harry Naybors e pubblico con il suo consenso:
Con il numero quattordici attualmente in edicola si chiude invece la miniserie Volto Nascosto che ha almeno due motivi di sicuro interesse: la vicenda si conclude sul serio dopo quattordici mesi; il contesto in cui si sviluppa la storia è l’Italia coloniale a cavallo tra le due guerre.
Quell’Italietta ridicola e triste è al centro di una trama apparentemente complessa, ma che in estrema sintesi si traduce in pochi elementi: un trio amoroso conflittuale, ossessioni di affermazione di sé attraverso la guerra, il segreto dietro al volto nascosto del titolo, una cattura e una liberazione. Poco altro. Il tutto tratteggiato attraverso una sceneggiatura macchinosa, verbosa, spesso noiosa e prevedibile, con pochi guizzi.
L’ultimo numero è purtroppo rappresentativo: il segreto prima celato con molti sforzi, viene svelato da uno dei protagonisti senza alcuna apparente ragione psicologica accettabile e il tutto si chiude in una catarsi di violenza che sembra rincorrere la semplicità ma che nasconde, forse, troppa ingenuità e superficialità.
La macchina narrativa di Volto Nascosto, pur con le ottime intenzioni dell’autore, non sembra mai decollare, ancorata com’è da un lato alla volontà di Manfredi di rifarsi a certe regole del romanzo d’appendice e, dall’altro, alla scelta comprensibile di voler dare spazio e forma al contesto socio-politico di quegli anni.
Interni
Ricevo da Harry Naybors e pubblico con il suo consenso:
Ausonia da tempo afferma con ideologia militante la necessità che le forme artistiche tornino a un’autenticità espressiva indipendente dai criteri commerciali e dal mercato.
Nell’ambito fumettistico, più volte ha posto la questione riaffermando la conflittualità tra prodotto commerciale e autoriale, con argomentazioni non banali e non semplicistiche quanto questo periodo potrebbe far supporre.
Interni, il suo ultimo lavoro, sembra accomodarsi in questo solco, a dispetto di quello che l'autore dichiara, laddove il protagonista è un autore affermato di romanzi di genere in crisi di identità.
Detto che l’approccio, come sempre, è originale sia sul piano della scrittura che del disegno, verrebbe da chiedersi perché tutta questa perdita di tempo. Un ordito talmente complesso a sostegno di un inganno futile, facilmente superabile con, per esempio, il “trucco” dello pseudonimo, non è giustificato se non dalla necessità dell’autore di voler a tutti i costi affermare l’Idea che il prodotto commerciale rende schiavi non solo i lettori ma, per primi, gli autori stessi.
Al che mi verrebbe da chiedere, siamo sicuri che affermati autori “popolari” non avrebbero la possibilità editoriale per realizzare opere più libere, autonome, autoriali, con conseguente successo di pubblico? È possibile che semplicemente questi autori non ne abbiano la voglia, non ne sentano la necessità?
È, questa possibilità, conseguenza dell’intorpidimento derivante dal pensiero commerciale e commercializzato che sottostà alle regole del prodotto di massa?
A giudicare dal risultato espressivo rappresentato da Interni, vien quasi da dire che, in questo caso, le riflessioni sul fumetto popolare abbiano contaminato negativamente il fumetto autoriale, dando origine a un prodotto sterile. E autoreferenziale. E inconsistente nelle sue motivazioni psicologiche ed euristiche. Peccato.
Harry.
martedì 11 novembre 2008
Tempo
Abitudine
A casa dei miei, dove ho abitato per più di vent'anni, ci sono cinque piani da fare, poi zerbino, campanello, porta, chiave che gira, soggiorno.
A casa dei miei c’è l’ascensore.
Ogni volta, più spesso del solito in questi giorni, mi riprometto di fare le scale. In ascensore zerbino che puzza di piscia di cane, luce troppo forte, zanzare intrappolate. Decido che camminare, fare un poco di fatica è più salutare e ragionevole.
Ed ecco che puntualmente esco dalla porta di casa dei miei, porta dell’ascensore, schiaccio il bottone. Si accende la luce rossa “occupato” e mi torna in mente – andare a piedi.
Scendo le scale a piedi ma non mi riesce di evitare l’inutile consumo energetico dell’ascensore che risale al quinto piano.
Ieri, arrivo dai miei con Gabo che dorme in macchina sfinito dal nido. Lo prendo in braccio dolcemente, arrivo all’ascensore. Non funziona. Saliamo cinque piani a piedi.
Sono stranamente felice.
Niente brutte abitudini.
Nonno Aurelio
Nonno Aurelio ha una crisi cardiaca. Ricoverato d’urgenza nell’area critica dell’unità coronarica, è in terapia intensiva, cosciente, ma col cuore che funziona al venticinque percento, se va bene. Siamo molto preoccupati. Dopo tre infarti, un’emorragia allo stomaco, una piccolo ictus, il suo equilibrio cardiovascolare è a dir poco fragile. Il suo attaccamento alla vita è ogni volta sorprendente, almeno quanto la sua ironia. La stessa, cinica e feroce, di Lorelei. La stessa che vedo negli occhi di Gabo. In attesa di sviluppi per capire se e come intervenire, ci spostiamo tra casa e sala d’aspetto, parlando con medici e infermieri. In terapia intensiva possono entrare solo parenti stretti, uno alla volta, per pochi minuti, bardati come astronauti. Io tengo a distanza di sicurezza Gabo, che chiede del nonno, che vuole la mamma, mentre la vede allontanarsi da dietro la porta.
Tardo pomeriggio, quasi le sei, torniamo in visita. In attesa dello scoccare dell’ora, Lorelei è in reparto con nonna Anita e zia Tiziana. Un finestrone giallo della sala d’aspetto è leggermente aperto. Il buio arriva con i suoni ovattati del traffico. Scendo nel giardino della clinica con Gabo. È contento perché ha la sua moto a tre ruote. È contento, eccitato ma agitato. Lo vedo da come muove gli occhi. Ci troviamo esattamente al di sotto del reparto, dove mamma Lorelei attende di sorridere a nonno Aurelio, preoccupata. C’è una lunga rampa che porta al seminterrato, dove c’è un bar per nulla frequentato, gli sgabelli rovesciati sui tavoli. Una ragazza di colore sembra impegnata ad ultimare le operazioni di sanificazione. Scioccamente penso, se non praticano decentemente la sanificazione qui, sotto alla clinica, dove altro potrebbero?
Gabo esulta. Scopre la rampa, e ci si butta con la moto. È tortuosa, a tratti decisamente inclinata, a tratti in piano. Lo seguo prima distrattamente, poi preoccupato per la velocità Rallenta! gli urlo. Arriva in fondo che quasi si ribalta. Raccomandazioni, fare attenzione, non correre troppo. E si riparte. Sale le scale, gli porto la moto sotto braccio. Mi dice Corri che ti prendo! Io davanti, a correre per la rampa, mentre lui mi insegue con la moto. Lo facciamo per più di dieci volte. Ride, urla di gioia. Penso disturberemo il reparto? Penso in questo luogo di sofferenza e di panico che forza hanno le grida di gioia di Gabo? Penso la gioia può arrivare in qualunque momento, in qualunque luogo. Penso sono felice.
Quarta discesa, Gabo arriva in fondo, scoppia in una risata, mi dice mi fa ridere questo gioco, sono felice! Lo bacio sulle guance rosse e fredde. I suoi occhi luminosi.
Mamma Lorelei, uscita dalla visita, mi dice che sentiva le urla di Gabo e che ne era felice. Abbraccia Gabo come una coperta. Chi copre chi, penso.
sabato 8 novembre 2008
Ponte Tresa
Il lago è vicino a straripare.
Le case sono in attesa immobili.
L’aria è più fresca, mentre mi perdo per la strada.
Vorrei perdermi tra questi boschi. Ne sento il suono e il profumo.
I colori rossi dell’autunno.
Il ponte attraversa acqua sporca di movimento. Troppo movimento.
Troppi chilometri in così pochi giorni.
La verità libera, sempre. Non devo mai scordarlo.
Il disperato tentativo di celare, com’è naturale, non accompagna nessuna crescita.
Lascia soli della solitudine che ferisce.
La verità libera e lascia soli della solitudine che determina un cambiamento.
Sono solo di fronte a qualunque decisione.
Da quella di farmi la barba, di camminare sotto l’acqua, di baciare mio figlio, di amarti, di abbandonarti.
Di rimettere.
Le mie mani hanno dita, le mie dita hanno imparato a muoversi per automatismi in modi che molti non conoscono.
Le mie dita, come l’uomo tutto, sanno cose che nessuno sa interpretare.
Mi illudo di controllare automatismi che non riconosco.
Ne esce sempre la stessa musica.
Errori
da Diario degli errori di Ennio Flaiano
[19]
Ma è in questa solitudine prossima al delitto che nascono i pittori e i poeti della domenica.
[26]
Triste ritorno in Italia, che mi appare un paese di giocatori di totocalcio. Squallore. Da Ventimiglia a Genova, grassa signora che chiede un passaggio. Forse vuol fare una marchetta. La lascio in un caffé di Genova, dopo aver preso un panino. Scrivo queste cose perché possono servirmi. Inutile abbondare in particolari.
[47]
Ricordo della clinica pediatrica nell’ottobre ’55.
La corsia ospita venti bambini. Nel mezzo della corsia c’è un tavolo con un vaso di fiori. Stanotte è morto un bambino. Adesso un inserviente viene a portarselo via. È un uomo grosso, serio. Fa un pacchetto del piccolo cadavere e lo porta via, con quella delicatezza di cui soltanto gli uomini molto forti sono capaci. Passando accanto al tavolo, quasi senza fermarsi, toglie dal vaso un fiore e lo infila nel pacchetto.
[58]
Preludi di Debussy. Meravigliosi confini raggiunti dalla cultura europea. Non esisteva che l’Europa, il resto del mondo incivile o coloniale o esotico. Oggi che l’Europa è finita si capisce la disperazione di questa musica che è arrivata all’estremo della malinconia e della grazia.
[64]
L’attrice non sa recitare, ma in questi giorni è molto occupata. Deve finire alcuni quadri per la sua mostra personale, rimettere a nuovo l’appartamento, trovare un editore per il suo romanzo e infine tentare il suicidio. Le riuscirà?
[65]
(Il pane di Ceri). Si arriva a una certa età nella vita e ci si accorge che i momenti migliori l’abbiamo avuti per sbaglio. Non erano diretti a noi.
[72]
Il cattolicesimo in Francia è un movimento letterario.
[73]
In Italia i perseguitati non fanno fortuna né suscitano simpatie, perché sono deboli.
L’italiano è profondamente realista (biologicamente) cioè profondamente naturale. Può apparire vile, è soltanto troppo inserito nella natura. E gli animali assalgono il più debole, i vecchi, quelli che non possono più difendersi. Accettando la realtà crede di fare il suo bene, prolunga invece la sua schiavitù.
[96]
Andando avanti ci accorgiamo che siamo cascati nel tranello. La vanità ci faceva pensare di essere diversi. Quando la vanità ci abbandona si conclude che tutto è stato fatto e che non c’è niente da aggiungere. Dopo ogni viaggio, in cui mi sono illuso di interessarmi di qualcosa, di capire, arricchirmi, mi accorgo che sono affondato di un altro centimetro nelle sabbie mobili. Non bisogna muoversi.
Devoto: Fra 30 anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione.
La morte ha la faccia di certe signore che telefonano al bar col gettone: e a un certo momento, senza smettere di telefonare, vi fanno un cenno di saluto e di sorpresa.
“Come tutti gli egoisti di buon cuore non sopportava la vista delle persone che rendeva infelici.” (O. Wild)
mercoledì 5 novembre 2008
Fungo
si sarebbe seduto ai piedi di un albero
ad annusare l'evaporazione della pioggia al sole.
Senza guardare in alcuna direzione
avrebbe pensato di non pensare
e di trasformarsi in un fungo.
martedì 4 novembre 2008
domenica 2 novembre 2008
Punk
Nel viaggio di ritorno da Lucca, io Alberto e Michele parliamo di punk e post-punk. Di quel che fa rumore, di rivoluzioni. Degli anni '70, degli anni di piombo, del colore stranamente vivo e fulgido di quegli anni oggi considerati terribili. Io c'ero da poco. Alla fine dei '70 avevo 5 anni.
Alla fine degli '80 15 anni. E così via.
Ma Alberto aveva qualche anno in più e più coscienza politica. Alberto ha più coscienza e conoscenza su tutto. Sarà che è un po’ un nevrotico ossessivo.
Penso al futuro e a come sarò, convinto che ci sarò. Da ossessionato nevrotico pure io.
Ho anche fatto un patto, con Ila, che a 70 anni suonati ci rivedremo da qualche parte.
Sempre che non perda la vista prima.
Quest'aria post-pioggia e post-punk profuma di foglie al vento e dell'idea della neve. Mi dico che l'attesa, per qualunque cosa, avrà un sapore meno amaro di oggi. Mi prometto che sarò paziente, che non avrò timori quando la nave salperà nel blu.
Mi inginocchio vicino alla stufa, mentre Gabo ancora non è sveglio. È accesa da poco, il fuoco ancora incerto. Incredulo.
Il tuo sorriso scalda a tratti come questa legna.
Non appartengo.
Non al giorno.
Non al riposo.
Non al sole.
Nonostante il respiro.
Sussurro soltanto lasciamo andare.
Blu
Ricevo come sempre dal mio amico Harry Naybors e pubblico con il suo consenso.
C'è un bel talento qui.
E una sensibilità efficace nel rappresentare la paura.
Si parla di attacchi di panico, psicofarmaci e di profondità.
Le nostre profondità fanno paura.
Non credo che la psicoterapia da sola sia sufficiente.
Men che meno gli psicofarmaci che innestano sulla paura altre paure.
Nella mia esperienza quello che funziona è il ritorno all'ascolto,
che riporta all'unione di mente e corpo.
Solo l'armonia tra mente e corpo, sostenuta dall'ascolto profondo
genera consapevolezza e cambiamento.
Il cambiamento che porta alla cura.
Come dice Lowen, la felicità è sentirsi in un percorso di crescita.
Alessandro Baronciani con Quando tutto diventò blu (Black Velvet)
lo racconta molto bene.
Lo consiglio soprattutto a chi come me non ha apprezzato il suo precedente
Una storia a fumetti.
Guglielmo Nigro, salvo dove diversamente indicato.
esplicitare sempre l'autore e/o la fonte.