Ricevo da Harry Naybors e pubblico con il suo consenso:
Gianfranco Manfredi scrive e ha scritto di tutto, romanzi, fumetti, canzoni, sceneggiature televisive e cinematografiche. Manfredi ama la storia, la verosimiglianza, l’avventura, gli intrighi, la cura degli sviluppi psicologici delle vicende, la recitazione dei personaggi. Sono solo alcuni dei marchi di fabbrica che hanno reso necessaria la lettura della sua serie Magico Vento (Sergio Bonelli Editore), ormai più che decennale.
Con il numero quattordici attualmente in edicola si chiude invece la miniserie Volto Nascosto che ha almeno due motivi di sicuro interesse: la vicenda si conclude sul serio dopo quattordici mesi; il contesto in cui si sviluppa la storia è l’Italia coloniale a cavallo tra le due guerre.
Quell’Italietta ridicola e triste è al centro di una trama apparentemente complessa, ma che in estrema sintesi si traduce in pochi elementi: un trio amoroso conflittuale, ossessioni di affermazione di sé attraverso la guerra, il segreto dietro al volto nascosto del titolo, una cattura e una liberazione. Poco altro. Il tutto tratteggiato attraverso una sceneggiatura macchinosa, verbosa, spesso noiosa e prevedibile, con pochi guizzi.
L’ultimo numero è purtroppo rappresentativo: il segreto prima celato con molti sforzi, viene svelato da uno dei protagonisti senza alcuna apparente ragione psicologica accettabile e il tutto si chiude in una catarsi di violenza che sembra rincorrere la semplicità ma che nasconde, forse, troppa ingenuità e superficialità.
La macchina narrativa di Volto Nascosto, pur con le ottime intenzioni dell’autore, non sembra mai decollare, ancorata com’è da un lato alla volontà di Manfredi di rifarsi a certe regole del romanzo d’appendice e, dall’altro, alla scelta comprensibile di voler dare spazio e forma al contesto socio-politico di quegli anni.
Con il numero quattordici attualmente in edicola si chiude invece la miniserie Volto Nascosto che ha almeno due motivi di sicuro interesse: la vicenda si conclude sul serio dopo quattordici mesi; il contesto in cui si sviluppa la storia è l’Italia coloniale a cavallo tra le due guerre.
Quell’Italietta ridicola e triste è al centro di una trama apparentemente complessa, ma che in estrema sintesi si traduce in pochi elementi: un trio amoroso conflittuale, ossessioni di affermazione di sé attraverso la guerra, il segreto dietro al volto nascosto del titolo, una cattura e una liberazione. Poco altro. Il tutto tratteggiato attraverso una sceneggiatura macchinosa, verbosa, spesso noiosa e prevedibile, con pochi guizzi.
L’ultimo numero è purtroppo rappresentativo: il segreto prima celato con molti sforzi, viene svelato da uno dei protagonisti senza alcuna apparente ragione psicologica accettabile e il tutto si chiude in una catarsi di violenza che sembra rincorrere la semplicità ma che nasconde, forse, troppa ingenuità e superficialità.
La macchina narrativa di Volto Nascosto, pur con le ottime intenzioni dell’autore, non sembra mai decollare, ancorata com’è da un lato alla volontà di Manfredi di rifarsi a certe regole del romanzo d’appendice e, dall’altro, alla scelta comprensibile di voler dare spazio e forma al contesto socio-politico di quegli anni.
La miniserie ha avuto successo, e mi auguro sinceramente che un esperimento simile possa riproporsi, ma con qualche emozione in più e una sintesi maggiore, sia sul piano della sceneggiatura che sul piano della rappresentazione di umori, vicende storiche, dinamiche tra i personaggi e via dicendo.
Harry.
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