Se l’attaccamento è un fattore condizionante, il non
attaccamento sarà il fattore decondizionante. Se l’aspettativa ti porta a
essere infelice, la non aspettativa ti porterà a non essere infelice. Se la
rabbia crea dentro di te l’inferno, la compassione creerà il paradiso. Per cui,
qualsiasi sia il processo che conduce all’infelicità, usato al contrario
diventerà il processo che conduce alla felicità. L’intero processo dello Yoga
non è altro che la comprensione della complessità di quei grovigli, per
scioglierli, per decondizionarli. Non è un ricondizionamento, ricordalo. È un
semplice decondizionamento.[…]
Se scruti nell’infelicità dell’uomo, scopri che l’uomo
stesso ne è responsabile. Fa qualcosa per crearla. Un determinato comportamento
è diventato un’abitudine, per cui continua a ripeterlo. È diventato un gesto
ripetitivo, meccanico, automatico. Se stai attento, puoi uscirne. Puoi
semplicemente dire: “Non gli darò più il mio sostegno.” E il meccanismo dovrà
muoversi con le sue forze. […]
Se riesci a restare immobile quando un vecchio comportamento
afferra la tua mente, è meglio. Se non ce la fai, lascia che si esprima in
maniera drammatica, ma da solo, non riversarlo su qualcun altro. Perché se
agisci in base a quel vecchio comportamento e lo esprimi con qualcuno, esso
creerà nuove reazioni, dando vita a un circolo vizioso.
La cosa più importante da fare è osservare quel comportamento; sia che tu stia immobile e in silenzio, sia che tu esprima la tua rabbia e il tuo odio, osserva con attenzione: guarda come si sviluppa. E se ne riesci a vedere il meccanismo, lo puoi smontare.
La cosa più importante da fare è osservare quel comportamento; sia che tu stia immobile e in silenzio, sia che tu esprima la tua rabbia e il tuo odio, osserva con attenzione: guarda come si sviluppa. E se ne riesci a vedere il meccanismo, lo puoi smontare.
Osho, da Yoga: la scienza dell'anima (Ed. Mondadori)
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