venerdì 14 maggio 2010
La grande foresta
Pensa a tutto quello che è successo qui, su questa terra. Tutto il sangue caldo e forte per la vita, per il piacere, che ci è stato riversato dentro. Certo, anche per la pena e la sofferenza, ma pur sempre traendone fuori qualcosa in cambio, traendone fuori molto, perché dopo tutto non è necessario continuare a sopportare quello che si crede sia la sofferenza; si può sempre scegliere di smettere, di darci un taglio. E persino la pena e la sofferenza sono meglio di niente; c’è una sola cosa peggiore del non essere vivi, ed è la vergogna. Ma non si può essere vivi in eterno, e la vita si consuma sempre molto prima di avere esaurito le possibilità di viverla. E tutto questo deve essere da qualche parte; tutto ciò non può essere stato inventato e creato solo per essere gettato via. E la terra è poco profonda; non ce n’è molta prima di arrivare alla roccia. E la terra non vuole solo tenersi le cose, accumularle; vuole riusarle. Guarda i semi, le ghiande, quello che succede persino a una carcassa quando si prova a seppellirla: anche la carcassa si rifiuta, ribolle e lotta finché non raggiunge di nuovo l’aria e la luce, sempre a caccia del sole. E loro [le stelle lucide e gelide], loro non la vogliono, non ne hanno bisogno. Inoltre, anche lei, perché dovrebbe voler andarsene in giro lassù, quando così com’era non ha avuto abbastanza tempo per farlo sulla terra, quando sulla terra c’è un sacco di spazio, un sacco di posti ancora immutati da quando il sangue li usò e vi provò piacere mentre era ancora sangue?
William Faulkner
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