un vecchio disegno di gabo
Forse l'ho già raccontato.
Anni fa scrissi una canzone. Parlava di amore, di Dio, dell'immaginazione e della fine.
Una sera la cantai in un locale. Erano i tempi in cui il mio gruppo, i Goolij Niger, era composto da 6 persone. Erano i tempi della fatica e della lotta per suonare insieme. E della creatività. E della timidezza. Tempi passati.
Cantai la canzone. La frase per me più importante, il cuore del brano, è questa:
Chi ci avverte che oggi è la fine.
Al termine del concerto, un ragazzone di colore, bello, bellissimo, amico del chitarrista del gruppo, si avvicinò a me e mi disse di quanto quella canzone lo avesse colpito. Non ricordo di preciso cosa mi disse, ma era qualcosa di profondamente spirituale. Non lo capivo allora, ma questa era una canzone spirituale. Anche musicalmente.
Quel ragazzo morì in un incidente stradale un mese dopo il concerto. "Chi ci avverte che oggi è la fine?"
La cosa mi sconvolse.
Le persone muoiono ogni giorno. Di qualunque età. Ma quel suo contatto mi apparve come una sveglia. Una delle tante.
Mi torna in mente oggi, dopo una lunga meditazione mattutina su una panchina nel parco dietro all'ufficio di Milano.
E lo vedo qui, seduto accanto a me, mentre respiriamo un'aria leggera e profumata, densa e immortale, dolorosa e gioiosa. Lo sento come un enorme angelo bruno e lucente.
Chi ci avverte che oggi è la fine?
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