Che ruolo gioca il mangiare consapevole nella tua vita quotidiana?
Quando riusciamo a rallentare e goderci veramente ciò che mangiamo, ne ricaviamo una qualità molto profonda. Amo sedermi e mangiare con tranquillità, godendomi ogni morso, consapevole della presenza della mia comunità, consapevole di tutto il duro e al tempo stesso amorevole lavoro che è presente nei miei pasti. Quando mi siedo così, non sono solo nutrito fisicamente, ma anche spiritualmente. Il modo in cui mangio influenza tutto il resto delle cose che faccio durante la giornata. Se riesco a guardare in profondità nel mio cibo e prendermi questo tempo come una meditazione – non meno importante del tempo dedicato alla meditazione seduta o camminata – ricevo i molti doni del cosmo, dei quali non potrei godere altrimenti, se la mia mente fosse altrove. Perché se quando mangio sono consumato dai miei progetti e preoccupazioni, in realtà ciò che mangio è molto stress e paura e ciò è dannoso sia per la mia mente che per il mio corpo. Noi abbiamo una “gatha”, o verso, che recitiamo mentre mangiamo:
Nella dimensione dello spazio e del tempo,
Mastichiamo con lo stesso ritmo con cui respiriamo.
Preservando le vite di tutti i nostri antenati,
aprendo una strada che sale per i discendenti.
Così, quando mangiamo in presenza mentale, riusciamo ad entrare in contatto diretto coi nostri antenati , così come coi nostri discendenti, e usiamo il tempo dei pasti per vedere come nutrire le cose migliori che i nostri antenati ci hanno tramandato e come continuare a trasmettere ciò che abbiamo di più prezioso alle generazioni future.
Thich Nhat Hanh
Segue un articolo di approfondimento sull'alimentazione consapevole (da qui).
Il primo nutrimento: il cibo che si mangia
Il primo genere di nutrimento di
cui ha parlato il Buddha è il cibo che
si mangia. Il suo
consiglio è di mangiare in
consapevolezza così da mantenere viva nel cuore la compassione.
Gli alimenti che mangiamo possono
introdurre nel nostro cuore veleni in grado di distruggerla
e possono provocare sofferenza
nel corpo, nella mente e nel mondo; per questo dobbiamo
sapere che cosa stiamo mangiando
e se il cibo che mangiamo non stia distruggendo noi e il
nostro pianeta.
Per illustrare questo fatto, il
Buddha ha raccontato la storia di una giovane coppia con un
bambino di tre anni, che doveva
andare in un altro Paese attraversando un vasto deserto. A
metà strada, in pieno deserto,
finì il cibo che avevano portato con loro. I due sapevano che
sarebbero morti se non fossero
riusciti a trovare altro cibo. Disperati, decisero di uccidere il
bambino e di mangiarne le carni;
ne mangiarono un pezzetto e conservarono il resto per
portarselo in spalla, facendolo
essiccare al sole. Ogni volta che mangiavano un pezzo delle
carni del figlio piangevano
disperati: «Dov’è ora il nostro caro bimbo?», si battevano il petto,
si strappavano i capelli, insomma
stavano malissimo. Alla fine riuscirono ad attraversare il
deserto e ad arrivare alla nuova
terra, ma continuarono a soffrire e a piangere il loro
bambino.
Dopo aver raccontato questa
storia il Buddha chiese ai suoi monaci: «Cari amici, pensate
che la coppia godesse di mangiare
le carni del proprio figlio?». I monaci risposero: «No,
come si può godere di mangiare le
carni del proprio figlio?». Il Buddha disse: «Se non
consumiamo in modo consapevole
ecco che stiamo mangiando le carni di nostro figlio, di
nostra figlia.».
Per la maggior parte di noi,
quello che abbiamo ricevuto alla nascita è un corpo sano; se
però consumiamo in maniera
inconsapevole e mangiamo cibo che fa ammalare il corpo e la
mente, noi distruggiamo il corpo
che ci è stato dato. Manchiamo di riguardo ai nostri antenati;
il corpo ci è stato trasmesso da
molte generazioni passate, non abbiamo
il diritto di
distruggerlo con quel che
mangiamo o beviamo.
Se facciamo uso di droghe,
beviamo alcolici o fumiamo sigarette noi assumiamo veleni che
ci distruggono il corpo e la mente:
mangiamo il corpo di nostro padre, di nostra madre, dei
nostri antenati; mangiamo anche
la carne dei nostri figli e nipoti, perché il nostro corpo che
stiamo danneggiando è quello che
poi trasmetteremo ai nostri figli e alle generazioni future.
La gente tende a pensare: “Questo
corpo è mio, posso farne quello che voglio. Si tratta della
mia vita!”. Il nostro corpo
invece non appartiene soltanto a noi: appartiene anche ai nostri
antenati, alla nostra famiglia,
ai nostri figli. Il tuo corpo è la prosecuzione dei tuoi antenati:
devi prendertene cura, in modo da
poter trasmettere il meglio di te ai tuoi figli, ai tuoi nipoti, al
tuo partner, alla tua
comunità.
Quando mangiamo carne e beviamo
alcolici, dunque, mangiamo le carni dei nostri figli. Non
è solo il consumo, è anche la
produzione degli alcolici a generare sofferenza perché impiega
cereali che si potrebbero usare
per nutrire le popolazioni che, nel mondo, muoiono di fame.
Per fare un bicchiere di saké ci
vuole un cesto intero di riso che potrebbe nutrire molti
bambini affamati. Negli Stati
Uniti, l’ottanta per cento del grano e il novanta per cento
dell’avena che si produce viene
dato da mangiare agli animali allevati per l’alimentazione
umana; i fiocchi d’avena che
mangiamo la mattina a colazione costituiscono solo il cinque
per cento di tutta l’avena che si
coltiva negli Stati Uniti. Da soli, i vitelli di tutto il mondo
consumano una quantità di cibo
equivalente al bisogno calorico di 8,7 miliardi di persone –
più dell’intera popolazione
mondiale.
Al mondo ci sono così tante
persone che muoiono di fame! L’UNICEF, il Fondo delle Nazioni
Unite per l’Infanzia, riferisce
che ogni giorno muoiono di denutrizione quarantamila bambini;
nel frattempo molti di noi, in
Occidente, sono sovrappeso. Quando mangiamo più del
necessario distruggiamo il nostro
corpo e quello dei nostri antenati e discendenti. Una volta
un economista francese mi ha
detto che se le nazioni sviluppate dell’Occidente riducessero il
loro consumo di carne e di
alcolici del cinquanta per cento potremmo risolvere il problema
della fame nel mondo.
Sull’impatto ambientale della
produzione americana di carni alimentari
l’Emory College
riferisce quanto segue:
• Terreno: l’87% del terreno
agricolo degli Stati Uniti (ossia il 45% dell’intero
territorio degli U.S.A.) è
utilizzato per l’allevamento del bestiame da macello.
• Acqua: più della metà di tutta
l’acqua consumata negli Stati Uniti, per ogni genere
di finalità, è impiegata
nell’allevamento del bestiame da macello. Si è calcolato
che per produrre un chilo di
carne occorrono in media 18.927 litri d’acqua; per
produrre un chilo di frumento
invece ne occorrono 189. Una dieta interamente
vegetariana richiede 1.135 litri
d’acqua al giorno, una dieta a base di carne ne
richiede 15.141.
• Inquinamento: negli U.S.A.
l’allevamento degli animali da macello inquina le
acque più di ogni altra
industria. Gli animali producono centotrenta volte più
escrementi dell’intera
popolazione umana, in misura di oltre trentanove tonnellate
al secondo (precisamente 39.498
kg). Molti dei rifiuti provenienti dagli allevamenti
e dai macelli confluiscono nei
fiumi, contaminandone le acque.
• Deforestazione: in un anno,
ogni vegetariano salva un acro (poco meno di mezzo
ettaro, precisamente 4046,86 m2)
di foresta. Negli U.S.A. sono stati abbattuti oltre
260 milioni di acri (105.218.256
ettari) per creare pascoli per gli animali da carne;
ogni quindici secondi scompare un
ettaro di foresta. Si stanno distruggendo ampie
zone di foresta pluviale
tropicale per creare pascoli per i vitelli. Per produrre un
singolo hamburger di un etto possono
essere abbattuti fino a 17 m2 di foresta pluviale.
Le foreste sono i nostri polmoni,
ci danno ossigeno, conservano l’ambiente; se mangiamo
carne distruggiamo le foreste,
dunque è come se mangiassimo le carni della nostra Madre
Terra. Tutti noi, compresi i
bambini, siamo in grado di renderci conto di quanto soffrano gli
animali allevati a scopo
alimentare; possiamo scegliere di mangiare in consapevolezza e di
proteggere il benessere e la vita
delle specie che coabitano con noi, di proteggere la stessa
Madre Terra.
Il nostro modo di nutrirci
conduce alla guerra, perché la quantità delle risorse che usiamo per
produrre carne è immensa: la
popolazione degli Stati Uniti ammonta solo al 6% dell’intera
popolazione mondiale ma assorbe
il 60% di tutte le risorse che si consumano sulla Terra. In
Occidente abbiamo uno stile di
vita molto lussuoso, mangiamo più di quanto ci occorra,
mentre altri muoiono di fame;
mangiamo in un modo che ci fa distruggere il pianeta Terra. È
una grave ingiustizia, questa, ed
è anche un’offesa all’intera razza umana, agli animali, alle
piante, ai minerali,
all’atmosfera. Nel mondo, questa disuguaglianza provoca odio e rabbia;
quell’odio e quella rabbia,
quando vengono repressi, esplodono sotto forma di atti di
violenza.
Abbiamo l’opportunità di fermare
le macellazioni e di trovare modi più nonviolenti di produrre
cibo. Si può mangiare cibo
delizioso anche senza impiegare le carni degli animali. Quando
mangiamo in presenza mentale
teniamo viva la consapevolezza della nostra interdipendenza
con gli altri esseri; questa
consapevolezza ci aiuta a tenere viva la compassione nel cuore.
Mangiare in modo compassionevole
rende felici.
Un modo di nutrire la nostra
compassione è discutere in famiglia come mangiare e bere in
maniera più consapevole. Un altro
modo è, a livello dell’intera società, osservare insieme il
nostro modo di produrre e di
consumare il cibo.
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