Stazione di Firenze.
Bambini di ritorno da una gita.
Una mamma abbraccia suo figlio. Dieci anni, lui? Quaranta, lei?
Catturo l’istante del loro contatto, le loro espressioni sul viso.
Lei è felice in modo meccanico.
Lui sorride e non appena sorride l’espressione cambia. Tocca la pelle del petto della madre col viso e in quel preciso istante si vede un sorriso/non sorriso che è espressione di un conflitto. Abbandonarsi a lei, a quell’abbraccio, all’infanzia. Non abbandonarsi, essere altro da quel bisogno di fusione e da quell’incontro così atteso, voler diventare grande.
Avverto una fitta di malinconia. Mi concentro sui miei passi. E prendo il treno per Milano.
Bambini di ritorno da una gita.
Una mamma abbraccia suo figlio. Dieci anni, lui? Quaranta, lei?
Catturo l’istante del loro contatto, le loro espressioni sul viso.
Lei è felice in modo meccanico.
Lui sorride e non appena sorride l’espressione cambia. Tocca la pelle del petto della madre col viso e in quel preciso istante si vede un sorriso/non sorriso che è espressione di un conflitto. Abbandonarsi a lei, a quell’abbraccio, all’infanzia. Non abbandonarsi, essere altro da quel bisogno di fusione e da quell’incontro così atteso, voler diventare grande.
Avverto una fitta di malinconia. Mi concentro sui miei passi. E prendo il treno per Milano.
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