Abbasso le mani fino alle tue cosce mentre striscio come sotto una foglia.
Assorbo le poche gocce di rugiada di un’estate secca come un ramo spezzato.
Apro le labbra e ti tocco dove l’ombra è più scura e umida.
Risalgo alla curva morbida del tuo seno dove i capezzoli sono spine che non pungono.
C’è il fiato che ci tiene uniti come un filo di volontà e astuzia
e quello che negli anni sappiamo esserci dati
e i figli che sono i fiori di una primavera eterna.
Il mio ventre sussulta prima di chiudersi in uno spasmo.
Salti di grillo da una foglia all’altra senza nasconderci dietro a un canto e
siamo arrivati e limpidi e uniti e volgari e angelici.
Prima che un’acqua frettolosa e artificiale si porti via tutto
ci abbracciamo come a riconoscerci nelle forme e nelle venature intarsiate dal tempo.
Una leggera brezza calda e nuda entra dalla finestra a sollevare le foglie
e riportarci al presente senza desiderio e attesa per il poco che ci spetta.
giovedì 9 agosto 2012
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