mercoledì 14 gennaio 2009

Il ghiaccio si scioglie, l'acqua scorre

Il nipotino, tre anni, di un mio collega muore oggi.
Le impronte immobili nel ghiaccio sprofondano nel pantano. L'acqua scorre.
L'immobilità del volo di un gabbiano, ricordo di Bretagna, è paura o sicurezza?
Nel fissare la mente sulla morte, sulla nostra trasparenza, mi torna la sensazione delle notti di bimbo, non ricordo l'età, quando nella mia stanza, solo, al buio, chiudevo gli occhi e iniziavano a muoversi i fantasmi. Percepivo movimento di volti in maschera e voci lontane, in un'agitazione d'onda. Alta marea, luna piena.
Era paura della morte? Era l'ombra del peso delle prime responsabilità?
Nel fissare la mente sulla vita, provo a invertire il paradigma. Penso alla vita come al negativo della morte, e non viceversa. Pensiero sciocco.
C'è una ricerca, dall'alba dei secoli, per vivere felici: la comprensione che vita e morte sono solo concetti impropri.
Esisto perché ci sono le condizioni.
Ma è così inafferrabile il pensiero del non essere. Forse è vero, il non essere non è, l'essere non è.
Il gabbiano scende in picchiata nei miei ricordi, mi pizzica col becco là dove fa più male, nel ricordo di quel che ero, della mia timidezza, mentre osservo un ragazzino sperduto seduto alla mia sinistra nel treno verso Milano.
Hai paura?
Io ero terrorizzato. E tremo.
Fa freddo.
Ma il ghiaccio si scioglie e l'acqua scorre.
Le mie cellule si rinnovano ogni giorno. Addio piccole amate gocce d'acqua.

(scorrete lacrime, disse il poliziotto)

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